lunedì 18 ottobre 2010

Udine, crocevia verso Est

Questa volta non ho nemmeno la pretesa di tentare di essere in qualsiasi modo letterario. Faccio una cronaca e basta.
Venerdì mattina metto qualche maglietta e qualche paio di calze e mutande nello zaino, giusto perché non si sa mai che qualcuno abbia risposto alla mia richiesta di ospitalità a Udine.
Non avrei immaginato che sarebbe finita in modo tanto bello; venendo ospitato da una fan friulana integerrima e brava cuoca amante della lingua e della cultura russa, conversando con dei simpatici ubriachi in una bettola a qualche passo dal duomo cittadino, bevendo del mosto delizioso quanto le chiacchiere. Non avrei mai immaginato che sarei rimasto fino alle due di notte, sotto un portico in piazza Libertà, tra birre e chitarre con gente allegra e semplice di Udine (alla faccia dei giovani benvestiti che pullulavano una discoteca, allestita come un inconsapevole affronto al buon gusto ai piedi del castello), alcuni simil-punkabbestia che la sera sarebbero tornati a casa dalla mamma lasciando le loro innumerevoli lattine per terra, membri di gang latine che mi hanno illuminato sulla realtà dei loro gruppi, che ho scoperto essere più... violentemente romantica di qualsiasi romanzo pulp; ragazze croate e di istanbul, un ex tossicomane nervoso, aggressivo e sgradevole, un ubriaco che non si reggeva in piedi e dava il proprio vomito in pasto al suo cane. Va beh, questo era il particolare meno interessante.
La musica, è stata interessante. Non era quasi mai bella, cantavamo quasi tutti male, me incluso, ma era nostra, con un canzoniere in mano. Non ero l'unico lì per caso: ho realizzato che di tutta quella gente che andava e veniva non si conosceva quasi nessuno, se non a piccoli gruppi, incontrati lì per una coincidenza musicale, calamitati dalle canzoni; come me. La situazione è stata così avvincente, e si respirava una fratellanza così forte che è stato bello anche cantare gli ottoottotre, lo scrivo senza imbarazzo.
È stato bello parlare con chi è scappato dalla Croazia poco dopo Tito, e sentir la fuggitiva cantare una canzone croata con gli occhi bagnati di lacrime; ascoltare chi vive in casa con israeliani e palestinesi, come parte di un "progetto di pace" i cui dettagli non sono riuscito a cogliere, e che mi ha raccontato come nemmeno in un appartamento dove la gente ha scelto di andare a convivere c'è libertà dalle tensioni della guerra; è stato incantevole ascoltare la voce di una ragazza cantare "Ederlezi" in modo sublime, al punto che tutte le conversazioni si sono interrotte spontaneamente perché le orecchie si volgessero a Lei, al punto che il respiro mi è diventato affannoso, e il battito cardiaco ha accelerato. Così, per la musica. Sognare quella canzone di notte sul divano e reincontrarne l'autrice per caso per strada la mattina dopo, in modo rocambolesco a quasi come se fosse stato uno scontro, è stato bello. Udine, crocevia verso l'Est.
E poi c'è stato il resto, di Udine; l'autostop, con passaggio diretto da un chilometro da casa della "surfer" a... una pasticceria, l'architettura, la mostra di Escher in compagnia dei miei amici, il museo di arte moderna visitato da solo (letteralmente: sono stato l'unico visitatore del museo, in oltre un'ora, peccato, perché era davvero bello) e l'accoglienza del suo personale, che tuttavia non sapeva nemmeno... chi e cosa fosse esposto.
Udine, non so se ci vivrei. L'assaggio, però, è stato delizioso.