domenica 26 settembre 2010

Il mistero dell'ombrello cinese

Ventidue e trenta circa, salgo in metropolitana, sudato, in direzione della stazione centrale, e poi di Roma. Fuori piove.
Toh, c'è un bell'ombrello dimenticato proprio lì accanto a dove sto andando a sedermi.
Ora, mettiamo in chiaro che non avevo nessun bisogno di un ombrello, ma l'idea di fregarlo mi sembrava alquanto divertente. Gli ombrelli girano: ne ho regalati tanti a sconosciuti, dopo tutto. Questo lo prendo e poi lo regalo a qualcuna a Roma. Almeno questa volta scelgo a chi darlo.
Mi guardo in giro: il tizio di fronte ce l'ha. Quell'altro anche. E quell'altro è troppo lontano: è proprio dimenticato. Bene, quando mi alzo, è mio. Riprendo a leggere.
Ma avevo fatto i conti senza il cinese.
Costui mi si mette di fianco, in piedi. Puzza, e alza pure l'ascella. "Cheppalle", penso, "con tutti i posti, proprio qui?" Cerco di continuare a leggere, considerando di prendere l'ombrello e spostarmi. Toh, curioso: lui appoggia il suo accanto al... mio. Ma che rompicoglioni!
Alla fermata dopo, la volpe li prende in mano entrambi.
Gli lancio occhiate eloquenti: a lui, agli ombrelli, a lui, agli ombrelli. Mi vede. Sostiene lo sguardo. Dopo un po' guarda fisso nel vuoto mentre io cerco di continuare a fargli soggezione, pergiunta invano.
Scende a Lanza, che oltre a essere la sede di alcuni dei teatri più interessanti della città ed essere il mio Scalo preferito per andare alla Scala, è anche confine della chinatown milanese. Io resto a bordo senza ombrello.